venerdì 29 marzo 2013

Gli anni ottanta da novanta.


Gli anni '80 sono mitici, per definizione. Stavolta non mi riferisco alla Milano da Bere, ai telefilm, a Drive In o a Vacanze di Natale. Ho in mente il meraviglioso mondo a 16 bit: i videogames. 
Noi che siamo nati agli sgoccioli degli anni ottanta abbiamo vissuto solo gli scampoli di quel periodo. Giocavamo con la consolle dei nostri fratelli più grandi, dei cugini e guardavamo i cartoni che loro avevano già visto. Non perdevamo una puntata delle Duck Tales (Uh-Uh!) e poi ci siamo dovuti adattare ai Pokémon; guardavamo Lady Oscar e poi è arrivato Dragon Ball; guardavamo Sailor Moon, rimpiazzate miseramente dalle Winx. Ok, fra queste non c'è differenza. Ritiro. 

I miei anni a 16 bit ci sono stati, tutti fuori tempo, ovviamente. Ma anche io li ho avuti, grazie agli avanzi di mio cugino. È così che arrivò a casa il mio primo grande amore. Ricordo perfettamente il rumore da caffettiera che faceva all'accensione: trascinavo la lunghissima prolunga a mò di liana da un capo all'altro della stanza, inserivo lo spinotto e correvo alla scrivania. Dal basso del mio metro e basta, con naso all'insù, guardavo accendersi il mio bellissimo Commodore Amiga 2000. Rovistavo fra le decine di floppy impilate nel raccoglitore alla ricerca di North&South, Rick Dangerous III, Diabolik, Bust-a-move, ed anche io avevo i mitici anni 80. 
Ma rimaneva il sogno proibito: il Super Nintendo. Ovvero la consolle che il cuginetto mi faceva guardare ma non toccare, perché sei troppo piccola, perché è troppo difficile. Rimanevo pomeriggi interi con la bocca aperta a guardare Sonic correre come un pazzo sù e giù per lo schermo.

Qualche anno dopo arrivò la Play Station. Mio padre tentò di risanare quella mia ferita da mancata consolle. O forse così credevo io: il volante, il cambio, i pedalini e i mille cd avrebbero dovuto farmi capire che il suo unico pensiero era giocare alla Formula 1. Lui. In qualche modo, comunque, la mia cura di videogames iniziò: Crash Bandicoot, Spyro the Dragon, Tekken 3 e Fifa 2000 alleviarono le mie sofferenze da nerd. Arrivò anche la Play Station 2, ma era tutta un'altra storia. Mi mancava il fascino vintage del videogioco a grana grossa, il suono metallico e pungente delle musichette, i salti innaturali dei personaggi spalmati inesorabilmente su due dimensioni. Mi mancavano gli anni ottanta. 

Non mancavano solo a me: giochi come SandboxThe Blockheads ma soprattutto Fix it! mi hanno fatto capire di non essere sola. E così, finalmente, anche io ho coronato il mio sogno. Oggi, ho un Super Nintendo tutto mio. Posso finalmente giocare a Zelda con A Link to the Past, a Super Mario in ogni sua forma originaria, a Street Fighter, a Donkey Kong!
 erto non posso attaccarlo alla tv, non ho il mitico controller, ma grazie a Super GNES sono ora una bambina felice. Una bambina di 24 anni.





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