venerdì 7 giugno 2013

#FF, Follow Friday

17. Segui su Twitter qualcuno di questi

Nouriel Roubini: l'unico economista che abbia previsto l'attuale crisi (in inglese ma parla spesso dell'Italia); Roberto Saviano; o magari Fiorello. 
30 modi per diventare più intelligenti, «Focus», 2012, 22

Se almeno una volta vi è capitato di accedere a Twitter il venerdì non avete potuto fare a meno di accorgervi che tutti impazziscono. L'apparente tartaglia generale degli hashtag è in realtà uno dei momenti più importanti della vita sul social media dei cinguettii: #FF, o meglio Follow Friday, è il giorno in cui si spendono ore a suggerire utenti interessanti da seguire. I motivi sono i più diversi, ma generalmente si suggeriscono account perché trattano di un particolare tema o discorso e lo fanno in maniera approfondita o meritevole. Come racconta un datato, ma utile articolo de Il Post, il Follow Friday è nato consolidando una pratica già molto diffusa su Twitter, che è diventata così un vero e proprio rito. 
Con il suggerimento 17 anche Focus mi fa un suo piccolo #FF: l'economista Roubini ha una particolare propensione alle crisi finanziare, studia solo quelle e ci azzecca pure. Non è che porta sfiga? Se volete sfidare il malocchio e essere certi di emigrare in un paradiso fiscale per la prossima catastrofe economica, allora lo cercatelo su come @Nouriel. Poi Roberto Saviano, che anche su Twitter non perde occasione per mostrare le sue grandi capacità di scrittore: i 140 caratteri, che ai comuni mortali non basterebbero neanche per la lista della spesa in dieta, diventano per lui luogo di una scrittura vivida e attenda. Particolarmente intense sono le parole che ha dedicato qualche giorno fa alla vicenda di Stefano Cucchi.E poi c'è Fiorello, che con la sua Edicola ormai è chiaramente oltre il puro intrattenimento ma non ancora nella vera informazione o nella satira: lo trovate come @Fiorello_Off e come @edicolafiore.







PS: i miei #FF parlano sempre di semiotica, ovviamente, con gli accounti di      . E non dimenticate di seguirmi:  vi garantisco pure il re-follow :P

mercoledì 5 giugno 2013

Punti di vista

Negli anni '80 un cantante, a me sconosciuto, cantava una canzone sugli oblò e sulla luna. Mi sono sempre chiesta che legame ci fosse fra una lavatrice e lo spazio. Lui comunque lo aveva trovato.

A trentanni da quel «e guardo il mondo da un oblò, mi annoio un po'», di gente che abbia osservato il mondo dietro un vetro tondo ne è passata parecchia, ma non credo che nessuno di questi si sia mai annoiato. 
Ovviamente non faccio riferimento alla lavatrici o alle cabine delle navi, e agli sguardi pensosi e malinconici che facciamo scorrere attraverso di loro. Cosa sarà quella un'isola o un calzino? Piuttosto parlo dei vetri che hanno diviso gli astronauti dallo spazio, i pochi che hanno avuto il privilegio di osservare la Terra da lassù, tutta insieme, tutta quanta. Che nessuno di questi si sia annoiato lo dimostra Chris Hadfield, astronauta canadese che nella sua ultima missione ha conquistato lo spazio e... la rete!





Ho avuto il piacere di incontrare le sue avventure, da astronauta e internauta, grazie ad un articolo uscito su El Pais qualche settimana fa. I miei tentativi di imparare lo spagnolo e allargare le mie vedute, mi hanno portata verso un punto di vista decisamente insolito. Lo spazio. 
In breve, grazie alle sue capacità di comunicatore, Chris è riuscito nell'impresa di ottenere migliaia e migliaia di followers su Twitter e altrettante views ai suoi video su YouTube. Ha dato la possibilità ai noi comuni terrestri di capire come si vive lassù, guardando il mondo da un oblò; come si sta a testa in su, giù, destra e sinistra; come si fa a stare lì senza che un lì ci sia.
I suoi video raccontano la vita degli astronauti sulla ISS nei momenti più semplici e comuni, rispondendo alle domande che arrivavano dalla Terra: si può piangere nello spazio? Che cosa mangiate lassù? Come fate a dormire?

Ma la vera perla dell'esperienza di Chris Hadfield è arrivata dalla musica. Prima di rientrare dalla sua missione  ha realizzato una sua versione della canzone Space Oddity di David Bowie.
Lasciatemelo dire: il risultato è spaziale!



domenica 19 maggio 2013

La Padania o Vogue?


16. Guarda Al Jazeera

O meglio: leggi un giornale (o guarda una tivù) di opinioni diverse dalle tue. Non chiuderti a nuove idee o a idee differenti dalle tue. Uno studio su persone che ascoltavano la versione inglese della televisione araba Al Jazeera ha dimostrato che avevano una mente più aperta di quelle che guardavano solo tivù Usa. 
30 modi per diventare più intelligenti, «Focus», 2012, 22



In attesa di poter leggere scorrevolmente El Pais o El Mundo - il che avverrà molto presto visti i miei notevoli progressi, ma ne parleremo in altro post, tranquilli!  Dicevo, in attesa di poter leggere i quotidiani oltre Pirenei, mi accontenterò delle testate entro le Alpi. Non vedo l'ora di andare in edicola e chiedere la Padania
Magari è meglio se ripiego sulla loro web tv, meglio non rischiare: dietro al mio piccolo schermo rimango al riparo da occhi indiscreti e soprattutto posso evitare lo sguardo minaccioso dell'edicolante bolognese. Pensateci, se si arrabbiasse, avrebbe Vogue a portata di mano da lanciarmi in testa! 
Sfido io a rialzarsi dopo un mattone di moda anoressico-androgina! 




PS: Hai visto che ho aggiornato il blog? Sì, parlo proprio con te, non fare finta di niente e smettila di sgridarmi.

sabato 27 aprile 2013

Cuidado!

Fortuna che oggi piove. La finestra chiusa non lascia trapelare i miei dialoghi dell'assurdo, fatti fra me e me, dialoghi su semafori rossi, buchi nelle tasche, spettacoli noiosi e merende pomeridiane.
Come io sento tutti i pomeriggi il vicino tenore che fa gli esercizi, pensate forse che lui non senta me, mentre ripeto a squarciagola: “Mire! Con las setas nunca se sabe cómo acaban las cosas[1]”? Anche se devo ammettere che la mia preferita rimane sempre  “Cuidado! El semáforo está en rojo[2]”!  
Se almeno una volta nella vita avete provato a studiare una lingua con il metodo Assimil, avete capito perfettamente a che cosa mi riferisco. A quella sensazione imbarazzante dovuta a parole e suoni assurdi, pronunciati con il pathos di un’ameba.  

Sono alla lezione catorce e già non vedo fermare un madrileno per dirgli che non deve confondere la velocità col lardo. No hay que confundir la velocidad con el tocino!  Ma ho come la sensazione che non mi capiterà spesso l’occasione di sfoderare questo mio bagaglio lessicale. Forse è un po’ settoriale. Quindi ho deciso di entrare nello spirito spagnolo attraverso il suo cinema: la lingua vera, viva, quella delle situazioni reali, comuni, quotidiane, quella delle cose che succedono a tutti. Per questo ho scelto un film su un transessuale.
E bravi, ridete. Ora ditemi voi, che cosa altro potevo scegliere? Se penso al cinema spagnolo mi viene in mente Banderas, che però è troppo impegnato al Mulino al momento; Penelope Cruz che però gira solo film con Woody Allen e addio spagnolo. Mi rimanevano Guillermo del Toro o Pedro Aldomóvar.
Provate voi a scegliere fra un fauno ed un transessuale.





Ps: se cercate un film in lingua e, a differenza mia, conoscete lo spagnolo tanto da non aver bisogno di sottotitoli qui trovate una discreta raccolta di film in streaming.



[1] Guardi! Con i funghi non si sa mai come va a finire!
[2] Attento! Il semaforo è rosso!

lunedì 22 aprile 2013

Questione di ristorante.


16. Impara una lingua

Imparare una lingua allena la tua corteccia prefrontale, che sovrintende alle emozioni e alle decisioni. Iscriviti ad un corso, impara il cinese o prova con il latino online con il software "Rosetta Stone" (www.rosettastone.it)
30 modi per diventare più intelligenti, «Focus», 2012, 26



Con il latino ho già dato, penso che otto anni di stretto contatto possano bastare. Ora ci vorrebbe qualcosa di più, come dire?, attuale. Visto che il cinese mi sembra vagamente fuori portata e inutile al momento, ho scelto qualcosa di più tradizionale. In attesa di ordinare il riso alla cantonese in mandarino, mi sto attrezzando per prendere un aperitivo con le tapas, condendo il tutto con un bel por favor. Olé. 
La prossima settimana si vola a Madrid. Il metodo Assimil sarà messo a dura prova!


venerdì 19 aprile 2013

Errare humanum est, perseverare ovest.


3. Rimanda le gratificazioni

Le ricerche provano che i bambini che - in cambio di due dolci inseguito - sono in grado di rinunciare a un dolcetto ottengono, anni dopo, migliori risultati di chi li mangia subito. I bambini che hanno raggiunto il successo non erano, al tempo degli esperimenti, dotati di particolare pazienza. Semplicemente riuscivano a reggere alla tentazione auto-distraendosi.
30 modi per diventare più intelligenti, «Focus», 2012, 23


Ci sono cascata ancora un volta. Ho smesso di scrivere senza quasi rendermene conto, mi sono fatta trascinare dagli impegni, dallo studio e non ho scritto una riga. Non ho neanche preso un appunto, niente.
Ma in tutto questo ho appena realizzato di aver messo in atto il terzo punto della mia amata (forse) lista. Non ho lasciato indietro dei dolcetti, ma forse ho capito come autodistrarmi. In ogni caso vi racconterò dei risultati quando non sarò più una bambina e avrò raggiunto il successo. Aspettami con ansia.

venerdì 29 marzo 2013

Gli anni ottanta da novanta.


Gli anni '80 sono mitici, per definizione. Stavolta non mi riferisco alla Milano da Bere, ai telefilm, a Drive In o a Vacanze di Natale. Ho in mente il meraviglioso mondo a 16 bit: i videogames. 
Noi che siamo nati agli sgoccioli degli anni ottanta abbiamo vissuto solo gli scampoli di quel periodo. Giocavamo con la consolle dei nostri fratelli più grandi, dei cugini e guardavamo i cartoni che loro avevano già visto. Non perdevamo una puntata delle Duck Tales (Uh-Uh!) e poi ci siamo dovuti adattare ai Pokémon; guardavamo Lady Oscar e poi è arrivato Dragon Ball; guardavamo Sailor Moon, rimpiazzate miseramente dalle Winx. Ok, fra queste non c'è differenza. Ritiro. 

I miei anni a 16 bit ci sono stati, tutti fuori tempo, ovviamente. Ma anche io li ho avuti, grazie agli avanzi di mio cugino. È così che arrivò a casa il mio primo grande amore. Ricordo perfettamente il rumore da caffettiera che faceva all'accensione: trascinavo la lunghissima prolunga a mò di liana da un capo all'altro della stanza, inserivo lo spinotto e correvo alla scrivania. Dal basso del mio metro e basta, con naso all'insù, guardavo accendersi il mio bellissimo Commodore Amiga 2000. Rovistavo fra le decine di floppy impilate nel raccoglitore alla ricerca di North&South, Rick Dangerous III, Diabolik, Bust-a-move, ed anche io avevo i mitici anni 80. 
Ma rimaneva il sogno proibito: il Super Nintendo. Ovvero la consolle che il cuginetto mi faceva guardare ma non toccare, perché sei troppo piccola, perché è troppo difficile. Rimanevo pomeriggi interi con la bocca aperta a guardare Sonic correre come un pazzo sù e giù per lo schermo.

Qualche anno dopo arrivò la Play Station. Mio padre tentò di risanare quella mia ferita da mancata consolle. O forse così credevo io: il volante, il cambio, i pedalini e i mille cd avrebbero dovuto farmi capire che il suo unico pensiero era giocare alla Formula 1. Lui. In qualche modo, comunque, la mia cura di videogames iniziò: Crash Bandicoot, Spyro the Dragon, Tekken 3 e Fifa 2000 alleviarono le mie sofferenze da nerd. Arrivò anche la Play Station 2, ma era tutta un'altra storia. Mi mancava il fascino vintage del videogioco a grana grossa, il suono metallico e pungente delle musichette, i salti innaturali dei personaggi spalmati inesorabilmente su due dimensioni. Mi mancavano gli anni ottanta. 

Non mancavano solo a me: giochi come SandboxThe Blockheads ma soprattutto Fix it! mi hanno fatto capire di non essere sola. E così, finalmente, anche io ho coronato il mio sogno. Oggi, ho un Super Nintendo tutto mio. Posso finalmente giocare a Zelda con A Link to the Past, a Super Mario in ogni sua forma originaria, a Street Fighter, a Donkey Kong!
 erto non posso attaccarlo alla tv, non ho il mitico controller, ma grazie a Super GNES sono ora una bambina felice. Una bambina di 24 anni.